C’era un sabato… no, era domenica! C’era una domenica una squadra di piccoli scalatori che capeggiati da Paolo (ma che ci fa una capretta in montagna? Ah, siii: lo stambecco!!) e da Gilberto (Jones, naturalmente) si recarono ad Ovindoli. Non a sciare, magari. C’era la neve appena caduta. Cambiatisi, i nostri piccoli scalatori iniziarono a giocare incuranti del pericoloso (ma soprattutto freddoloso) viaggio... o, meglio, scalata che li attendeva. Mentre la neve riempiva i guanti e le giacche dei piccoli scalatori, iniziava a stagliarsi all’orizzonte (vabbè, dietro la collina) la grande meta: la vetta da raggiungere.
Una piccola croce lontana che passo dopo passo, salendo, con sudore (congelato) e sacrificio (congelato) e lamentele (belle calde queste) diventava sempre più vicina. Almeno per i primi trenta minuti. Perché poi gli scalatori entrarono nel bosco. Solo dopo ore di salita arrivarono in cima. Pranzarono e si rimisero tutti in marcia per ritornare al (dolce e caldo) pulmino. Qualcuno (lo stambecco) disse: ragazzi, ci avventuriamo di qua? Non vorrete mica fare il sentiero da femminucce… no? Un piccolo scalatore, il silenzio della natura, un falco vicino a noi che dall’alto domina la vallata, un ululato dal bosco sotto di noi. Ed una vocina: meglio femminuccia viva che avventuroso morto.
Quindi iniziarono a scendere dalla montagna, scivolando, a volte i piedi nel nulla e rischiando anche di cadere in un crepaccio. Finita la parte difficile iniziarono – non ci posso credere – a scendere utilizzando il loro fondo schiena mezzo surgelato (come un merluzzo nel freezer) come slittino. Scesi dalla montagna, ripresero a salire… ancora??? Sì, ma su una collinetta ma questa volta per scendere giù sdraiati su lenzuoli di plastica. E poi di corsa al pulmino. Per cambiarsi… e poi una buonissima e calda cioccolata calda!!!